giovedì 27 marzo 2008

Film che piacciono solo a me. (sob)

So che questo film è andato male ovunque. Ha incassato una miseria, e la critica lo ha massacrato. Eppure a me è piaciuto davvero tanto. E' piaciuto praticamente solo a me, al fidanzato di mia sorella, e a Richard Roeper.

E non capisco perché non piaccia, davvero.

Number 23 è capace di farti entrare dentro una psiche malata, ti fa addentare la pazzìa, ti fa accoltellare la ragione. Grazie ad un'intelligente gioco di realtà (fittizia) e di finzione (reale), tu (spettatore) vieni progressivamente calato in un mondo alienante, dove nulla è casuale, tutto è causale.

Inoltre, la scene della finzione reale (quella del libro al centro del film) sono girate DA DIO. Sono quello che Batman Forever avrebbe dovuto essere, ma che non è mai stato.
Se avete visto 8mm (smpre di Schumacher) potreste avere un'idea di cosa aspettarvi.

E ci sono pure un paio di falsi colpi di scena finali (à la The Game di David Fincher, per intenderci),e io adoro i falsi colpi di scena.
Persino Jim Carrey m'è piaciuto, e il rischio che il film si perdesse fra le sue (qui quasi assenti) smorfie, era alto.

Bravo Joel: da parte mia, ti sei fatto perdonare Batman & Robin.

Le 12 Leggi per un Buon Gioco - Parte 2



4) Enigmi al contrario
L'enigma al contrario forse è la cosa che più mi scoccia in un adventure. Anch'io ne ho creati un bel po'; come per tutte le pecche di design, è più facile lasciarli lì dove sono, piuttosto che riprogettarli. L'enigma al contrario si verifica quando la soluzione viene trovata prima del problema. Idealmente, il crepaccio dovrebbe essere trovato prima della corda che consente al giocatore di scendere giù per esso. Questo crea una sfida nella mente del giocatore. Sa che deve scendere per il crepaccio, ma non c'è un percorso che lo consenta. Adesso questo compito rimarrà nella mente del giocatore mentre continua l'esplorazione. Non appena avvista una corda, si accende una luce nella sua mente e l'enigma è risolto. Per un giocatore, quando il design funziona, non c'è niente di più appagante.


5)Ho dimenticato di prenderlo
In realtà si riallaccia al punto precedente, ma è ancora peggio. Non pretendete mai che il giocatore raccolga un oggetto che servirà più avanti nel gioco, se non può tornare indietro a prenderlo quando gli dovesse servire. E' molto frustrante rendersi conto che viene richiesto un oggetto apparentemente insignificante e che l'unica maniera per prenderlo sia ricominciare o ricaricare una partita salvata. Dal punto di vista del giocatore, non c'è stata evidentemente ragione di raccoglierlo la prima volta. Alcuni game-designer in realtà difendono questa pratica sostenendo che "gli avventurieri sanno di dover raccogliere qualsiasi cosa". Questa è una scappatoia. Se il barattolo d'acqua dev'essere usato sull'astronave e si può trovare solo sul pianeta, bisogna creare un uso per esso sul pianeta, che garantisca che venga raccolto. Se il tempo che intercorre tra i due usi è abbastanza lungo, potete quasi star certi che il giocatore si sarà addiruttura dimenticato di avere l'oggetto!
Un'altra maniera per aggirare il problema è quella di dare al giocatore dei suggerimenti su ciò che avrebbe bisogno di prendere. Se gli alieni sul pianeta suggeriscono che il giocatore dovrebbe trovare dell'acqua prima di tornare sull'astronave, e il giocatore ignora il consiglio, in quel caso sarà lui stesso il responsabile della sua sconfitta.


6) Gli enigmi dovrebbero far avanzare la storia
Non c'è nulla di più frustrante dell'essere chiamati a risolvere enigmi senza scopo uno dopo l'altro. Ogni enigma risolto dovrebbe portare il giocatore più vicino alla comprensione della storia e del gioco. Dovrebbe essere in qualche modo chiaro che la soluzione dell'enigma avvicinerà il giocatore alll'obiettivo più prossimo. Che perdita di tempo e di energie per il progettista e il giocatore se l'enigma serve solo a rallentare lo svolgersi del gioco!


7) Il tempo reale non è il tempo drammaturgico

Una delle chiavi più importanti della drammaturgia è il rispetto dei tempi. Chiunque abbia progettato un gioco narrativo sa che il giocatore difficilmente fa qualcosa al momento giusto o nel giusto ordine. Se lasciamo che il gioco vada avanti con un orologio interno indipendente dalle azioni del giocatore, è garantito che poche cose accadranno rispettando i tempi drammaturgici. Quando Indiana Jones rotolava sotto la porta di pietra che si stava chiudendo e afferrava il suo cappello appena in tempo, procurava un brivido e poi un applauso in tutto il pubblico. Se quella stessa scena fosse stata fatta in un normale adventure, il giocatore sarebbe stato ucciso le prime quattro volte nel tentativo di passare sotto la porta. Le successive sei volte non sarebbe riuscito a riprendere in tempo il cappello. E' questo uno sviluppo drammaturgico degno di tal nome? Non proprio. La chiave sta nell'uso del tempo hollywoodiano, non del tempo reale. Date al giocatore un po' di respiro negli enigmi a tempo. Provate a monitorarne i tentativi. Se il giocatore è sulla strada giusta ed è lì lì per risolvere tutto, aspettate. Aspettate che riprenda il cappello, poi fate venir giù la porta. Il giocatore penserà di "avercela fatta per un pelo" e di conseguenza un numero maggiore di giocatori si emozionerà e si esalterà. Quando progetto enigmi a tempo, mi piace dividere il tempo in tre categorie. Il 10% dei giocatori risolverà l'engima così rapidamente e precisamente da finire in anticipo. Un altro 10% ci metterà troppo tempo e fallirà, il che ci lascia con un bell'80% di gente che ce la farà al momento giusto.


martedì 25 marzo 2008

Le 12 Leggi per un Buon Gioco - Parte 1

[si ringrazia gentilmente Diduz di Lucasdelirium per la splendida traduzione in italiano]


Chi è Ron Gilbert?

Ok, è il tizio qui in alto, ma chi è il tizio qui in alto?
Ron Gilbert è un genio, semplice. Se nell'ultimo trentennio un gruppo di matti ha deciso di scoprire la scienza del divertimento, lui è certamente il più matto di tutti. Quest'uomo ha lavorato a cavallo fra gli anni '80 e '90 alla Lucasarts, la divisione videogiochi della compagnia di George Lucas, ed è il designer di quelle che forse sono le più grandi avventure grafiche di tutti i tempi: i primi due Monkey Island (The Secret of MI; MI2 - LeChuck's Revenge).

Che cos'è un'avventura grafica? E' un gioco dove non contano riflessi e precisione, ma conta il cervello. Essenzialmente si interagisce con un mondo narrato. Pirati, cavalieri, alieni, cowboy, tentacoli qualunque mondo narrato è buono per poter giocare.

Ma non divaghiamo, è il momento di pubblicare anche qui l'articolo di Ron Gilbert "Perché gli Adventure fanno schifo e cosa possiamo fare per correre ai ripari", un manifesto personale del game-designer, pensato sì per gli adventure, ma appicabile analiticamente praticamente per ogni gioco.

1) L'obbiettivo finale deve esser chiaro.
Non c'è niente di male nel cambiare l'obiettivo nel corso del gioco, ma all'inizio il giocatore dovrebbe avere una visione chiara di ciò che sta cercando di ottenere. Poche cose sono frustranti come il bighellonare in giro chiedendoti che cosa dovresti fare e se tutto ciò che hai fatto ti condurrà a qualcosa. Le situazioni in cui si ignora ciò che succede possono essere divertenti e parte integrale del gioco, ma questa è una cosa rara e difficile da calibrare.

2) I sotto-obbiettivi devono essere ovvi
La maggior parte delle buone avventure grafiche sono spezzettate in molti sotto-obiettivi. Lasciare che i giocatori vengano a conoscenza almeno del primo di questi sotto-obiettivi è essenziale per coinvolgerli. Se lo scopo principale è salvare il principe, e il giocatore si trova intrappolato su un'isola all'inizio del gioco, bisogna far sì che un altro personaggio della storia gli comunichi il primo passo: abbandonare l'isola. Stiamo parlando semplicemente di una buona narrazione. Ben Kenobi praticamente predisponeva quasi tutto il viaggio di Luke nei primi venti minuti di Guerre Stellari. Questo ha permesso al pubblico di seguire i progressi del protagonista. Per qualcuno che non è abituato ai frequenti scervellamenti degli adventure, questo semplice indizio può significare la differenza tra il completamento del gioco e l'abbandono dello stesso gioco dopo un'oretta. E' molto facile, quando si progetta, dimenticare ciò che il giocatore non sa della storia che stiamo raccontando.

3) Vivi ed impara
Come regola, gli adventure si dovrebbero poter giocare dall'inizio alla fine senza "morire" e senza salvare il gioco per evitarlo, questo se il giocatore è molto attento e buon osservatore. Inserire in un gioco enigmi e situazioni che richiedano la morte del giocatore (per fargli imparare cosa evitare di fare la prossima volta) è cattivo design. Questo non significa che tutte le situazioni in cui si rischi la morte debbano essere eliminate. Il pericolo è parte integrante della drammaturgia, ma il giocatore, se è intelligente, dovrebbe avere la possibilità di sopravvivere a tale pericolo.
Come esercizio, finite per intero un gioco narrativo e poi raccontatelo a qualcun altro, come se fosse una normale storia. Se trovate delle situazioni in cui il protagonista potrebbe non sapere un'informazione vitale (il personaggio che l'ha appresa è morto in una partita precedente), allora c'è un buco nel plot.

(continua...)

lunedì 24 marzo 2008

Corri, Salta, Duella


Ah, Prince of Persia di Jordan Mechner.


Un gioco nato su Apple II (un ormai preistorico computer degli anni '80) e convertito praticamente per ogni sistema presente fra il 1989 e il 1996. E se fu portato così tante volte, e per un lasso di tempo così lungo, un motivo ci sarà.

E’ che Jordan Mechner è un dritto. E’ anche autore di The Last Express, un concentrato di puro genio giocoso e artistico dalla sfortunata vicenda commerciale. Jordan Mechner in Prince of Persia ha offerto divertimento ludico in sovrabbondanza con quattro tasti direzionali, un tasto d’azione e centinaia i frame d’animazione per tutte le mosse del nostro principe. E questa, signori, è vera classe.

Prima che la sua creatura gli fosse portata via da Ubisoft per sfornare due seguiti abbastanza mediocri, Jordan fece in tempo a dirigere Sands of Time, un gioco che è riuscito nella difficile impresa di portare quelle rarefatte atmosfere d’oriente fiabesco in un mondo tridimensionale fatto di poligoni e texture.



Gameloft (compagnia francese con un florido passato di porting su telefoni cellulari e console portatili) porta rispetto verso un tale monumento al gameplay con una riproposizione pedissequa del level-design, qui supportato da una grafica di alto livello che riprende l’iconografia di Sands of Time. La visuale non si schioda da quel lato, e noi benediciamo questo immobilismo registico, memori dei tempi in cui la telecamera non era onnipresente difetto della stragrande maggioranza dei platform.

E’ rimasta immutata la difficoltà implacabile di certi livelli, anche se è fortunatamente presente una moderna struttura logistica, con selezione dei livellli già visitati per poter abbassare i tempi ottenuti (eh sì, bisogna sempre completare il gioco in meno di sessanta minuti) e addirittura una modalità Survival, in cui si richiede di finire il gioco con una sola vita: impresa improba, ma che, a giudicare dalla classifiche sul Live, qualcuno è riuscito ad ottenere (applauso)....

(continua prossimamente su Retrogamer.it...)

martedì 18 marzo 2008

Fàlsalo

Ma QUANTO è geniale questo video?

Innanzitutto è perfettamente realto alla canzone, ma poi, quant'è vero che esistono decine di videoclip che utilizzano i tre "template" presentati qui?

In effetti è giunta l'ora che i registi di r'n'b e metal si diano un po' una svegliata.

sabato 1 marzo 2008

Come Elio smerdò D'Alessio

Gli spunti più divertenti sono indubbiamente:

  • i divertenti imbarazzi di chi cerca di non dire (è sempre in televisione) che il detto testo fa cagare;
  • il giornalista palermitano che tenta invano di dare un senso al testo di Skeletor (=D'Alessio)
  • Tricarico che dormiva.

EDIT: Mamma mia, se ce n'è di gente stronza a questo mondo.... molto acuto davvero il commento della fan a fine articolo... soprattutto quando ripicca a Elio "ki sei tu per giudicare tu ke l'unica canzone ke hai fatto si kiama la terra dei cachi...quindi non puoi proprio parlare...".