lunedì 19 ottobre 2009

"Up there, there's a world outside of Yonkers!"



La cosa che sto per dirvi può sembrarvi strana e illogica, ma è una mia profonda convinzione: in un film, il finale è molto più importante dell'inizio. Un bell'inizio ti mette in una forma mentis che ti aiuta a seguire con maggiore attenzione e brio il proseguio del film, ma un bel finale ti crea un bel ricordo che ti dura da quando esci dal cinema a quando tiri le cuoia.

Detto questo, se Up avesse mantenuto la qualità vista nei primi dieci minuti per tutto il resto del film, saremmo di fronte ad uno dei massimi capolavori del cinema.

Purtroppo ciò non accade.

La nuova creatura Pixar usa la stessa formula dell'immenso Wall-E: il film inizia come introspezione del protagonista, esattamente come promesso dai trailer. Poi prende il volo dell'avventura in una maniera inaspettata.

Ma, mentre in Wall-E ci si imbarcava sulla Axiom, e venivamo sottilmente sommersi da una marea di rimandi muti su un futuro dell'umanità quantomai attuale (e in linea con il tema del film), in Up si lascia il tema della moglie morta e del raggiungimento dei propri sogni per portare un uccello dai propri piccoli.
Già.
Quanto ce ne può fregare di un uccello.

Mentre in Wall-E la seconda metà era l'applicazione della poesia vista nella prima metà, in Up la poesia si perde. Diventa un film (medio) di avventura.
Senza parlare di un villain di cartapesta, i cui scopi e metodi sono contraddittori e poco spiegati, di un protagonista che quando serve si dimentica di essere vecchio e acciaccato (salta su un dirigibile!! Lancia in aria un televisore!! Svuota una casa!!), di soluzioni narrative improbabili e deboli (la neutralizzazione del branco sembra uscire dalla peggior Dreamworks).

E poi, qualcuno ha capito qualcosa del padre di Russell??

Rimane sempre un bel film. Ma meno bello di Wall-E.
E di Finding Nemo.
E di Toy Story 2.
E forse anche di Monsters & Co. Quello aveva un finale della madonna dalla sua.
E vi ho spiegato la mia idea sui finali.

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