mercoledì 29 dicembre 2010

Le 22 Vignette di Wally Wood...

...Che Funzionano Sempre!!! o Alcuni Modi Interessanti per Portare un po' di Varietà in quei Noiosi Fumetti dove uno Scrittore Tonto e un Branco di Personaggi Stupidi Stanno Seduti a Parlare Pagina dopo Pagina!
(Sì, questo è il titolo completo. ndJeg)

1. "Grossa testa"
2. "Dettaglio sugli occhi"
3. "Nuca", "Parte della testa"
4. "Profilo", "Nessuno sfondo"

5. "Puntinato bianco", "Primo piano scuro"
6. "Vignetta non delimitata, oggetto-macchina che riempie lo spazio"
7. "Tutto nero"
8. "Un grosso oggetto", "Mano, pistola, torcia, telefono..."


9. "Figura piena - Vignetta non delimitata"
10. "Silhouette invertita - Nero o puntinato" Aperto in basso
11. "Figura piccola", "Puntinato"
12. "Profondità"
13. "Ripresa dall'alto", "Proiettare ombre"

14. "Forma a L, silhouette"
15. "Schizzo", "Livello sguardo"
16. "Luce laterale", "Luce dall'alto"
17. "Riflesso"
18. "Cornice"

19. "Sfondo bianco puntinato", "E silhouette"
20. "Tre livelli"
21. Extra - Giornale - O Servizio Telev. - (incollare testo di un vero giornale)
22. "Contrasto"

venerdì 24 dicembre 2010

Buon Natale



I miei più sinceri auguri con la tradizionale canzone natalizia dei Killers.

martedì 21 dicembre 2010

Gli IperLibri #0/4 - Introduzione


La narrativa interattiva in Italia ha patito e goduto di una circostanza unica in tutto il mondo: praticamente il 99% delle opere erano pubblicate in esclusiva da una sola casa editrice, che è stata al contempo gioia e dolore per questo genere editoriale in Italia.
La conseguenza buona è stata che, a differenza degli altri paesi, l'Italia ha avuto una "standardizzazione" della narrativa a bivi, creando il termine "librogame" (che è un termine protetto da copyright!), e partorendo una classificazione di generi che sopravvive ancora oggi. Inoltre l'Italia ha goduto anche delle traduzioni di volumi che spesso hanno avuto tiratura limitatissima nei propri paesi d'origine (e anche qualche esclusiva, come l'ultimo volume di Sherlock Holmes Solo Misteries); in sintesi, se negli USA o in Gran Bretagna il mercato era saturo nel 1988, in Italia i Librogame hanno passeggiato tranquillamente fino al 1994.

Dopo quel periodo, purtroppo, cominciano le conseguenze nefaste del monopolio EL. Una casa editrice vuole dire anche UNA politica editoriale. Difatti, la saturazione del mercato italiano arrivò con la pubblicazione di volumi dalla discutibilissima qualità, che EL tirò fuori grattando il proverbiale fondo del barile dei gamebooks, dato che ormai aveva letteralmente pubblicato tutto il pubblicabile.

La mossa più logica allora sarebbe stata "pubblichiamo qualcosa di nuovo". Ahimé, la EL è sempre stata sorda da quell'orecchio, e così in Italia ci si ritrovò con tantissimi lettori (uno dei primissimi mercato al mondo), e nessunissimo autore. Possibile che in Italia fossimo tutti scrittori osceni? Peggiori di quella robaccia che EL tirò fuori nella metà degli anni '90? A me sembra davvero improbabile che una generazione intera che era cresciuta amando un genere, non sputi fuori almeno uno scrittore decente.
Fatto sta che di ristampe non si vive, e dopo 182 volumi pubblicati, EL fece ciao ciao ai librigame nel 1996, continuando a ristampare solo la serie più fortunata, Lupo Solitario (però con una nuova grafica di copertina orrenda).



Ma i lettori italiani non si arresero: nel 1999, un ragazzo alessandrino di nome Tommaso Percivale decise di provare a dare una scossa al genere, incorporando alcune decise innovazioni sia a livello di narrativa, sia a livello di gioco, sia a livello di marketing.
E così nacquero gli IperLibri.

Innanzitutto, si contattarono autori italiani, giovani, che avessero dei fondamenti di ludica (non necessariamente giochi di ruolo) quanto di scrittura, arruolandoli tra le fila dell'associazione Anatomika. Poi si decise di sfruttare ambientazioni "permanenti", condivise sinergicamente con altri progetti (i quali non videro mai la luce, però).

A livello ludico, la grandissima parte dei librigame del "canone EL" derivavano dalle avventure in solitario dei classici giochi di ruolo: quello che caratterizzava il gioco, era l'imperosnare un personaggio con abilità e limitazioni diverse dalle proprie, e diverse anche da quelli degli altri giocatori-lettori. Si trattava di sapersela cavare contro le avversità dell'ambiente, dei nemici e attraverso i combattimenti. Insomma, roba da RPG.
Gli IperLibri, invece, traggono la propria linfa ludica dai giochi "adventure", dove la difficoltà consta nel saper intepretare gli enigmi e risolverli tramite l'utilizzo degli oggetti giusti: in un Iperlibro troviamo un sistema a griglia che ci indirizza, a seconda della combinazione "usa X con Y" al paragrafo dedicato. Che, per inciso, sono tantissimi; data la natura combinatoria dei libri, ci aggiriamo su una media di 800-900 paragrafi a libro, contro i consueti 400 dei Fighting Fantasy, e i 350 di Lupo Solitario, e i 671 del primo volume di Misteri d'Oriente (il numero massimo raggiunto dal Canone EL).

Infine, la Percy Entertainment (l'editore degli IperLibri, fondato da Percivale), puntò a pubblicizzare i suoi libri come "videogiochi su carta", distribuendoli anche nei negozi di videogames. Purtroppo la realtà dimostra che se qualcuno entra in un negozio per comprare un videogame, difficilmente se ne esce con un libro. Difatti, dei circa 6000 libri stampati, se ne vendettero solo la metà. Non un insuccesso per un piccolo editore, ma un insuccesso per un piccolo editore con delle ambizioni di rilancio di un intero genere.

Furono pubblicati solo tre libri, divisi in due collane, e una mini-avventura gratuita via internet. Ne furono progettati, ma mai scritti, altri due, i più ambiziosi. Un progetto che purtroppo finì prima di poter dimostrare il pieno potenziale dell'idea. D'altronde, nel 2000 internet era ancora uno sconosciuto per la maggioranza degli italiani, e il mercato mal digeriva le (usando un termine coniato da Percivale stesso) "nicchie di nicchie di nicchie".
Oggi, con l'avvento del mercato delle mini-applicazioni e con la stampa on-demand, si sta assistendo ad una piccola ripresa della narrazione interattiva.
Ma nessuno ha ancora integrato o replicato le sperimentazioni degli IperLibri, che rimangono un'isola sia cronologicamente (così in ritardo sulla crisi, eppure così in anticipo sulla ripresa)

Oggi c'è ancora il sito internet degli IperLibri, dove si possono comprare le copie invendute ancora nuove, ad un prezzo praticamente stracciato (10€ per i 3 libri, compresi 3€ di beneficenza la spedizione tramite Piego Libri)

lunedì 8 novembre 2010

If all stories were written like science fiction stories


Scritto da Mark Rosenfelder, traduzione in italiano di Gabriele Riva.

Roger ed Ann dovevano incontrare Sergey a San Francisco.

“Dovremmo prendere un aereo, un treno, o una nave a vapore?” chiese Ann.

“I treni sono troppo lenti, e la circumnavigazione del Sud America via nave richiederebbe mesi,” replicò Roger. “Prenderemo l'aereo.”

Sì collegò al network centrale usando il proprio computer, e attese che la rete autenticasse il suo profilo. Battendo pochi tasti entrò nel sistema di biglietteria elettronico, e inserì i codici del punto di partenza e d'arrivo del proprio viaggio. In un momento il computer mostrò sul display i possibili voli, e Roger scelse quello che partiva prima. Il denaro veniva automaticamente dedotto dalla sua carta di credito per pagare la transazione.

Ann si era cambiata nei propri abiti da viaggio, che consistevano in una leggera maglietta materiale artificiale derivato dal policarbonato, che metteva in risalto le sue forme, senza modifiche genetiche, e un paio di pantaloni blu fatti di tessuto. I suoi attraenti capelli marroni erano scoperti.

All'aeroporto Roger presentò la sua tessera identificativa a una rappresentante della compagnia aerea, che utilizzava il proprio sistema computerizzato per confermare la sua identità e ottenere il suo itinerario. Digtò un codice numerico, e gli diede due "pass" che gli permetteva l'accesso ala zona d'imbarco. Dododiché furono sottoposti ad un controllo di sicurezza, che era obbligatorio per ogni volo. Consegnarono il bagaglio ad un altro rapresentante; sarebbe stato trasportato in una diversa zona depressurizzata del velivolo.

“Pensi che voleremo su un aeroplano ad elica? O su un jet a reazione?” domandò Ann.

“Sono sicuro che sarà un jet,” disse Roger. “Gli aerei ad elica sono completamente superati, dopo tutto. Dall'altra parte, gli aerei a razzo sono ancora in fase sperimentale. Si dice che quando diverranno operativi, viaggi come questo richiederanno un'ora al massimo. Questo qui, invece impiega quattro ore".

Dopo una breve attesa, furono introdotti nel jet insieme agli altri passeggeri. L'aereo era un enorme cilindro metallico lungo almeno cento metri, con due eleganti e sottili ali su cui erano montati quattro motori a rezione ognuna. Lanciarono un'occhiata alla cabina, e video i due piloti che consultavano l'enorme consolle di comando con cui controllavano l'aereo. Roger era lieto di non dover manovrare l'aereo lui stesso; era un mestiereestremamente difficile, che richiedeva diversi anni di addestramento.

La sorprendentemente larga zona equipaggio era dotata di comode poltrone, e finestre che davano sul paesaggio mentre volavano a 11km d'altezza e a 800km/h. C'erano degli ugelli per l'aria pressurizzata, che tenevano l'atmosfera della cabina calda e vivibile, nonostante il gelo della stratosfera circostante.

“Sono un po' nervosa,” disse Ann, prima che l'areoplano decollasse.

“Non c'è nulla di cui preoccuparsi,” la rassicurò. “Questi sono voli di routine. Qui sei più sicura che nei nostri veicoli da trasporto terrestre!”

A dispetto delle sue parole, Roger aveva in vaerità un po' di nervosismo durante il decollo, sentendo la terra distaccarsi da loro. Insieme ad altri passeggeri, osservò a lungo fuori dai finestrini. Poteva distinguere, anche se con difficoltà, case e fattorie muoversi sotto di loro.

“Ci sono più persone dirette a San Francisco di quanto mi sarei aspettato,” sottolineò.

“Alcune di loro probabilmente sono dirette altrove,” rispose Ann. “Come sai, è costoso provvedere collegamenti aerei tra tutte le possibili destinazioni. Impieghiamo un sistema di scali, e le persone delle città più piccoli si dirigono prima allo scalo centrale, e successivamente alla loro destinazione finale. Fortunatamente, hai trovato per noi un volo che ci porta direttamente a San Francisco senza scali.”

Quando giunsero all'areoporto di San Francisco, agenti della compagnia aerea li aiutarono a prendere i propri bagagli, controllando le targhette numeriche per evitare scambi di persona.

“Non riesco a credere che siamo in un'altra città,” disse Ann. “Appena quattro ore fa eravamo a Chicago.”

“Non ci siamo ancora!” la corresse Roger. “Siamo nell'areoporto, che è distante dalla città vera e propria, dato che richiede un grande quantitativo di spazio per le manovre aeree, e a causa degli occasionali incidenti. Da qui prenderemo un veicolo più piccolo per arrivare alla città.”

Scelsero uno dei veicoli di trasporto terrestre alimentato dalla combustione di idrocarburi dalla coda in attesa di fronte all'uscita dell'areoporto. La tariffa era abbastanza piccola da non richiedere il pagamento elettronico, ma solo il piccolo denaro portatile sotto forma di carta e monete. Il conducente guidò la macchina fino alla città; sebbene viaggiassero solo a 100km/h, sembrava di andare molto più veloce stavolta, a causa della breve distanza dalla superficie di cemento della strada. Roger guardò Ann, temendo che la velocità potesse spaventarla; ma sembrava che le piacesse il viaggio. Una ragazza coraggiosa, e intelligente nondimeno!

Alla fine il conducente fermò il veicolo, e furono a destinazione. Porte ad apertura automatica li accolsero nel palazzo di Sergey. L'intero viaggio aveva richiesto solo sette ore.

mercoledì 18 agosto 2010

"I fumetti fanno bene, non come quegli stupidi giochini elettronici..."

Qual è il colmo per un articolo che cerca di smentire la solta caccia alle streghe dei media italiani?
Diventare una caccia alla streghe esso stesso!

Tutto parte da quest'articolo sul sito del Corriere. Ecco, già a definirlo "articolo" mi sento sporco dentro: quell'ammasso di parole è merda a spruzzo, dimostra ignoranza con una violenza e una decisione pari a quelle di un torturatore libico che ti strappa le unghie dei pollici.

Il pensiero che una persona davanti alla tastiera guadagni dei soldi scrivendo tali fesserie, e passi la serate presentandosi "Save, sono Emanuela di Pasqua, tanto piacere! Faccio la giornalista, sa? Sì, lei dove lavora? Ah, al Gazzettino di Casale, pensi, io invece lavoro al Corriere della Sera". Rendetevi conto... lei scrive tali oscenità, e i suoi "sforzi", vengono ricompensati con SOLDI.
Lei si paga le vacanze con quelle stronzate! Tu che invece ti stai vendendo la collezione Nintendo faticosamente accumulata, e stai scrivendo su un blog cosa un filino più ragionate (speriamo).
E poi ci chiediamo da dove nascono i Berlusconi.



Ad ogni modo, il Ciel ha voluto che un tal Antonio Carioti scrivesse quest'altro articolo, sullo stesso sito del Corriere e giusto qualche ora dopo, come per smerdare la sua "collega" pigiatastini. leggete i primi due paragrafi: chiari, informati e veritieri.

Adesso arriva il problema: vedete l'immagine del capitano Picard in testa al post? Ecco, vi sfido a non fare atrettanto dopo aver letto l'ultimo paragrafo:
Ma il rischio non è che i ragazzini si ritrovino in mano albi i cui protagonisti non sono cavalieri senza macchia e senza paura. Semmai c’è da preoccuparsi del fatto che non leggano neppure fumetti e passino tutto il tempo davanti ai videogiochi, nei quali i personaggi (a volte gli stessi dei comics) si riducono a puri automi da combattimento, senza alcuna personalità: dediti a una violenza magari non troppo truce, ma meccanica e ripetitiva, totalmente fine a se stessa. Molto meglio, allora, la sete di vendetta del vecchio Batman.
Uào, salvarsi da Hitler per ritrovarsi nelle mani di Stalin. Combattere la disinformazione, solo per seminarne altra.

Qualcuno può regalare, che sò, la coscienza di scrivere su cose che si conoscono ai giornalisti del Corriere? Grazie.

martedì 17 agosto 2010

Beowulf - Wyrd ne biþ




"Il tuo cavallo cammina nella neve, diretto verso la laguna. La luce della luna si riflette sul manto di neve e crea un pallido candore su ogni superficie. Gli zoccoli non fanno rumore, solo un quasi impercettibile fruscio, come di foglie che cadono. Unfrid ti segue sul suo destriero; è stato l'unico ad avere il coraggio di accompagnarti. La cosa ti ha parecchio sorpreso, dato
che solo due giorni fa, ubriaco, ti attaccò con le sue dure e menzognere parole, sicuramente dettate dall'invidia. Ti rinfacciava una tua bravata, in cui un tuo amico perse la vita; non fu colpa tua, ma di chi accettò la sfida, rispondesti. Riuscisti a rimetterlo a sedere, e sembra aver capito la lezione. Forse ora l'invidia è stata scacciata dall'ammirazione, chi può
saperlo. Fatto sta, ti sta seguendo, carico come un mulo di armature, armi e attrezzi del mestiere. In fondo dev'essere un bravo ragazzo.

Tu sei Beowulf, "orso". Detesti il tuo nome, l'orso è un animale stupido, che farebbe di tutto pur di mangiare; però, è pur sempre il nome che ti hanno dato i tuoi genitori, e di conseguenza ti ci sei acquietato. Sei un principe, ma non di questa terra che calpesti da giorni. Tuo zio è Hygelac, re dei Geati. Forse un giorno tu stesso sarai re, ma in questo momento ciò non ha alcuna importanza. Eri alla corte di tuo zio, in Svezia, quando hai sentito la notizia che un mostro terribile, Grendel, era penetrato nella reggia di un re danese, e aveva compiuto una
vera strage. Qualcuno direbbe che fu cattiva sorte; storie, la sorte non esiste. Tutto deriva dalle nostre azioni. I Danesi sono gentesuperba, e non hanno mandato alcuna richiesta di aiuto. Ciononostante, hai deciso di attraversare i flutti del mare pur di
affrontare questa bestia. Quando sei arrivato, sei stato persino minacciato da una guardia costiera: pensava che foste venuti per attaccar battaglia coi Danesi. Valle a capire, queste persone. Hai sempre odiato i prepotenti, e i prepotenti orgogliosi sono i peggiori di tutti. Sei stato accolto con diffidenza persino dal re, Hrothgar: metteva in dubbio i tuoi propositi, nella stessa stanza che poco tempo prima aveva visto decine di cadaveri, e ancora in quel momento potevi respirare il puzzo di sangue e sudore, sotto la cappa di vino e legna bruciata. Probabilmente ti credeva un esule.

Chi vi ha chiesto di venire qui, ti chiedeva Hrothgar. Nessuno, rispondevi tu. Ovviamente lui e la sua corte non capivano, ma per te il motivo era ovvio e naturale. Un uomo non è giudicato da ciò che è, da come nasce, dalle virtù che in sorte gli sono toccate, ma solo dalle sue imprese. Ma i Danesi sono gente superba, non concepiscono questo tipo di etica.
-Cosa vi fa pensare di poter sconfiggere quel demonio, che ha fatto macello dei miei migliori guerrieri?- vi chiese Hrothgar.
Avevi una voglia pazzesca di rispondere che tu eri più furbo, ma ti mordesti la lingua; invece rispondesti...
"



Questo è l'incipit del mio primo racconto interattivo, che ha partecipato al concorso "I Corti di LGL 2009", l'unico concorso in italia per la narrativa a bivi. L'accoglienza è stata calorosa, e gli ottimi voti sia del pubblico che dei giudici (è stato il racconto con la minor varianza di voti, e uno dei due soli che non abbiano ricevuto insufficienze) gli hanno valso un bel secondo posto (più prossimo a primo che al terzo, ci tengo a dire!).

Purtroppo, in attesa che ritorni il mio computer da scrittura (il Computer Discount ha deciso di andare in ferie PRIMA di ripararmelo, e così le due settimane sono diventate sei, per ora), l'unica versione del racconto disponibile al pubblico attualmente è quella che ha partecipato al concorso, piena di refusi.
Ho inviato una versione corretta, ed è pubblicata nel volume ufficiale del concorso. Inoltre, è prevista un'edizione espansa da pubblicare in un volume fisico acquistabile, allegandola ad un altro mio racconto.

EDIT 24 Dicembre 2010:
Ora finalmente si può scaricare direttamente da me, la versione corretta in formato A4 facilmente stampabile.


(visto la nuova veste grafica del blog? Vi piace?)

lunedì 28 giugno 2010

Atlantis e la Disney Perduta.


Nel 2001 la Disney decise di non voler più realizzare in maniera non banale e non scontata fiabe e musical, e vollero realizzare come Classico una banale e scontata puntata del telefilm di Stargate. Con tanto Nadia - il Mistero della Pietra Azzura dello Studio Ghibli. E un pizzico di Pocahontas ("gli uomini bianchi che vogliono rubare le ricchezze dei pacifici e illuminati selvaggi").

La cosa più triste è forse come gli atlantideani, pur avendo 8,800 anni (!), in tutto questo tempo non abbiano fatto assolutamente NULLA. Tanto che in UN GIORNO, arriva James Spader e risolve tutti i loro problemi. E gli atlantideani, pressoché immortali, si sono "dimenticati" come si legge la loro scrittura. Parlano tutte le lingue del mondo, ma non sanno leggere LA LORO.

Inoltre, c'è forse la prima gag basata su rutti e scorregge che avrebbero, con Shrek, rappresentato un punto cardine della "comicità" dei film animati Disney e Dreamworks a seguire (fino a Come d'Incanto).

Bah.

E il peggio, per la Disney, doveva ancora arrivare...

Morale della favola, Trousdale e Wise, dopo quel capolavoro infinito de La Bella e la Bestia e il bel Gobbo di Notre Dame, si ritrovarono in mezzo alla strada. E il karma volle che Trousdale finì col dirigere Shrekkati per le Feste.
No, davvero. In sedici anni passò da La Bella e la Bestia, a uno spin-off natalizio di Shrek.
Che poi, come fa a esserci il Natale in Shrek? Gesù Cristo è nato nel mondo delle fiabe?

sabato 20 febbraio 2010

Chuck is the winner.

Non sono esattamente un guru della televisione, ma nella mia vita ne ho vista tanta. Non abbastanza da friggermi il cervello o da limitare le altre mie passioni, ma abbastanza per non lasciare tempo ai compiti.

E ne ho viste di serie TV, oh se ne ho viste.
Di belle, di brutte, di cult, di cotte, di noiose, di divertenti, di quelle che migliorano andando avanti (Buffy), di quelle che peggiorano (the OC), di quelle che peggiorano prima di migliorare (Smallville), e di quelle che migliorano prima di peggiorare (Heroes).
Serie troncate prima del previsto (Firefly), serie stanche che vanno avanti da troppo tempo (Simpsons), serie che sono durate la misura giusta seppur poca (Twin Peaks) o seppur tanta (E.R.) serie che finiscono nel modo giusto (Friends), serie che finiscono nel modo sbagliato (Roswell), e serie che non si capisce come va a finire (Lost).


Avevo visto la prima stagione di Chuck quest'estate, quando era incastrata nel "meraviglioso giovedì" con la prima di Eli Stone e la seconda di My Name is Earl. E mi era piaciuta tanto; ora, quando dico tanto, intendo abbastanza per entrare nell top10, ma non abbastanza per entrare nella top5.
Partecipe anche il famoso sciopero del WGA, ma finiva bene ma non in modo eccelso.

Arriva la seconda stagione, il momento tragico che ha ucciso molte serie (Reaper, Eli Stone) di recente. Ebbene, se i primi 13 episodi di Chuck sono stupendi, i successivi 22 sono una scalata perso il nirvana, un'ascesa verso la candida rosa.

Chuck è l'azione di Heroes, i dialoghi di Firefly, le relazioni personali di Friends, i colpi di scena di Lost, la continuity coinvolgente di Dexter, le citazioni di the OC, la comedy di Reaper, il drama di ER.

Ma non è una media, un miscuglio di queste serie. Ne è la fottuta somma.

Miglior serie televisiva che abbia MAI visto.

mercoledì 17 febbraio 2010

C'era un ottimo motivo per esiliare quel pover'uomo...


...di Umberto II, quasi settant'anni or sono.
Evitare questo.
Il Risorgimento è morto.

(meraviglioso come, dopo circa 2' di canzone, il tenore canti Somewhere Over the Rainbow...)

domenica 31 gennaio 2010

"Scritto-da-dogs" Millionaire

Sono esterrefatto.
Come ha fatto un film così insensato a vincere l'Oscar come Miglior Film, l'anno di Wall-E e The Dark Knight?

Tralasciamo, per un attimo, che questo film abbia vinto l'Oscar per il miglior Sonoro quando Wall-E è unanimamente riconosciuto come la più grande opera di mix sonoro della storia della civilità Occidentale, probabilmente l'opus magnum di Ben Burtt, il più grande sound designer delle ultime cinque generazioni.

Inizia bene. Tre livelli temporali, montaggio da urlo, ottima fotografia. Poi inizia, purtroppo, la storia. Una sequenza di tragedie così patinate che risulta incredibile come il protagonista Jamal ne esca sempre indenne. Però è carino, c'è l'India, c'è lo zozzume, c'è il Milionario.

Poi cominciano i guai. Nell'ordine:

Il conduttore è uno stronzo di matrice epica: umilia e cerca di far perdere il protagonista. Anche se ciò, è del tutto insensato: perché far perdere un concorrente che cattura l'attenzione del pubblico? Cosa ne guadagna la trasmissione?
Per intenderci, lo fa rapire e torturare.

Il fratello passa, a seconda della scena, da coraggioso, a stupratore, a generoso, a mafioso, a parricida. Dipende dalla scena.

La ragazza: passa forse un anno da bambina insieme al protagonista. Poi si trovano per un giorno e una notte quando hanno 11 anni. E poi, così, senza il minimo senso, qualcuno le preme l'interruttore e passano da "amici d'infanzia", a Promessi Sposi. Cioè, lei rischia la vita per stare con lui. Anche se non hanno la minima chimica, non hanno dialogo, non hanno punti in comune, non hanno un cazzo che le fa sentire come due persone che potrebbero stare insieme.

E arriviamo al protagonista. Il punto peggiore.
Innanzitutto è stupido. Ma tanto. Non c'è alcuna qualità che lo rende meritevole della vittoria. Ma proprio nessuna. L'attore mono-espressivo aiuta, ovviamente.
Inoltre, è un fottutissimo stalker mono-maniaco: passa dieci fottuti anni della sua vita a non fare altro (ma proprio NIENT'ALTRO) che cercare questa ragazza che ha incontrato da bambino.
E una volta che la trova, che fa? Semplice, le dice "vieni via con me". Sì bello, ma tipo... perchécazzomai?
Vi giuro, fa venire i brividi.

E infine: qualcuno, gentilmente, può spiegarmi, come cazzo ha fatto a rispondere le ultime due domande?
Testualmente, non sapeva le risposte. Scena dopo, risponde giusto. A caso.
Senza parlare del fatto che probabilmente 7 persone su 10 saprebbero rispondere all'ultima "difficilierrimissimissima" domanda.

Ma forse, ho trovato il senso di questo film: si chiama "mercato cinematografico indiano", conta un miliardo di consumatori potenziali, una florida produzione interna, e tanti soldi che l'industria americana vorrebbe nei suoi film.
Il primo passo è stato far vincere una barca di Oscar a questa porcata.

E dire che Boyle mi era piaciuto un casino in Sunshine.

venerdì 29 gennaio 2010

Addio J.D., sii giovane per sempre.


J.D. Salinger
1919-2010

Anyway, I keep picturing all these little kids playing some game in this big field of rye and all. Thousands of little kids, and nobody's around - nobody big, I mean - except me. And I'm standing on the edge of some crazy cliff. What I have to do, I have to catch everybody if they start to go over the cliff - I mean if they're running and they don't look where they're going I have to come out from somewhere and catch them. That's all I do all day. I'd just be the catcher in the rye and all. I know it's crazy, but that's the only thing I'd really like to be.

E come direbbe lui: "La gente applaude sempre per le cose sbagliate".


domenica 24 gennaio 2010

Batman e la Maschera del Fantasma

Come si può produrre un buon film tratto da una serie, animata o dal vivo?
Semplice, unire il vecchio al nuovo, e aumentare il raggio narrativo.
Batman - Mask of the Phantasm è il miglior film di Batman degli anni '90, e tutt'ora il migliore che rappresenti il Batman "maturo".

La trama inserisce un nuovo personaggio, chiave dell'intera vicenda: ha un passato comune con Bruce Wayne, con la Mafia, persino con un noto villain prima che diventasse tale.
Mask of the Phantasm rilegge l'intero mythos dell'eroe, ritraendola per quello che è: una moderna epica tragica. La colonna sonora spazia con la storia, giungendo a vette coraliche non conquistate dalla serie televisiva.

Semplicemente sorprendente, malinconico e crudele, e tuttavia nobile e eroico. Come il vero Batman.

venerdì 22 gennaio 2010

Ritorna Shepard



Poi mi si dice che "i giochi di oggi non danno emozioni", "sono freddi", sono "tutti uguali", "sono tutti marroni", etc...

Ma andatevene tutti affanculo.

mercoledì 20 gennaio 2010

"Ti sei rimesso a scrivere??"


Purtroppo sì.
Eh, ho cercato di smettere in questi anni universitari, ma il destino mi ha posto di fronte una serie di opportunità che non potevo non afferrare. Dopo l'illuminazione western che ho avuto qualche mese fa, a Dicembre ero venuto a conoscenza del concorso "I Corti di Librogame's Land 2009", un concorso di racconti interattivi: mentre il progetto western avrà un respiro abbastanza ampio, il "corto" a cui lavoro deve rispettare i limiti posti dal regolamento: 40 paragrafi e 18 pagine A4. Quindi, un racconto a tutti gli effetti. Ma interattivo.

Non è facile scrivere un testo a bivi: in sostanza, non devi solo immaginare come vanno le cose, ma ogni modo in cui potrebbero andare. Un'arte che, dopo una decade di splendore che coincide coi miei primi anni di vita, è stata ingiustamente dimenticata.

La difficoltà aggiuntiva in questo caso sta nel fatto che, con un numero fisso di paragrafi, o fai un racconto lungo, o ne fai uno molto giocabile: la difficoltà sta esattamente nel bilanciarsi fra i due estremi, senza avere di fronte un librogame dove non hai alcun potere di scelta, o un bellissimo Scegli La Tua Avventura che finisce in 5 minuti.

Perché dico questo? Beh, i più attenti noteranno che è sparito l'ultimo articolo: tale articolo era l'incipit del racconto interattivo su cui stavo lavorando per il concorso. Purtroppo pare che la pubblicazione anche parziale sia sconsigliata, in quanto i racconti saranno votati nel totale anonimato; darei di conseguenza, un segnale forte su quale sia il mio racconto.

Tra l'altro, leggendo/giocando i racconti che hanno partecipato l'anno scorso, si nota un livello tecnico piuttosto alto; il corto vincitore è davveor un piccolo gioiello, che ha preso i limiti strutturali e li ha assurti a pregi.

O beh, il Concorso vero e proprio partirà a Marzo 2010 (sì, tuttavia è "I Corti di LGL 2009"). Poi tranquilli che l'incipit tornerà.