Nessuno s’era mai chiesto a cosa servissero a
Mario tutte quelle monete. Nessuno s’era mai chiesto che volessero fare quelle tartarughe che andavano avanti e indietro. Alla fine era bello che ci fossero, punto.
E’ un fatto che la narrazione non sia di per sé propedeutica per un videogioco. A nessuno è mai fregato di chi stesse dentro il Vic Viper, chi fosse l’omino di Turrican, che cosa blaterano i personaggi di Resident Evil 4 nelle cut-scene.
E’ un fatto che dal 1996 i platform game s’erano abbastanza fossilizzati nella struttura e nel contenuto, più o meno in linea con altri generi videoludico (picchiaduro in primis). Salta quello, raccogli questo, colleziona quello, vai da A a B. Qualche lampo brillante di Rare e Oddworld Inhabitants, ma niente che riscrivesse le regole del platform, nessun Maniac Mansion, per intenderci.
Psychonauts procede alla totale giustificazione narrativa del proprio gameplay, un’operazione tanto geniale quanto fantasmagoricamente complessa per calarci appieno dentro la sospensione dell’incredulità, tanto che sarà difficile uscirne.
Parafrasando Umberto Eco (che si riferiva a Charles M. Schulz), se “poesia” vuole dire capacità di portare tenerezza, pietà, cattiveria a momenti di estrema trasparenza, come se vi passasse attraverso una luce e non si sapesse più di che pasta sian fatte le cose, allora Psychonauts è poesia.
continua prossimamente su www.retrogamer.it ...
1 commento:
Hah! Allora la stai scrivendo la recensione! Non vedo l'ora di leggerla, le premesse sono ottime.
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