martedì 25 marzo 2008

Le 12 Leggi per un Buon Gioco - Parte 1

[si ringrazia gentilmente Diduz di Lucasdelirium per la splendida traduzione in italiano]


Chi è Ron Gilbert?

Ok, è il tizio qui in alto, ma chi è il tizio qui in alto?
Ron Gilbert è un genio, semplice. Se nell'ultimo trentennio un gruppo di matti ha deciso di scoprire la scienza del divertimento, lui è certamente il più matto di tutti. Quest'uomo ha lavorato a cavallo fra gli anni '80 e '90 alla Lucasarts, la divisione videogiochi della compagnia di George Lucas, ed è il designer di quelle che forse sono le più grandi avventure grafiche di tutti i tempi: i primi due Monkey Island (The Secret of MI; MI2 - LeChuck's Revenge).

Che cos'è un'avventura grafica? E' un gioco dove non contano riflessi e precisione, ma conta il cervello. Essenzialmente si interagisce con un mondo narrato. Pirati, cavalieri, alieni, cowboy, tentacoli qualunque mondo narrato è buono per poter giocare.

Ma non divaghiamo, è il momento di pubblicare anche qui l'articolo di Ron Gilbert "Perché gli Adventure fanno schifo e cosa possiamo fare per correre ai ripari", un manifesto personale del game-designer, pensato sì per gli adventure, ma appicabile analiticamente praticamente per ogni gioco.

1) L'obbiettivo finale deve esser chiaro.
Non c'è niente di male nel cambiare l'obiettivo nel corso del gioco, ma all'inizio il giocatore dovrebbe avere una visione chiara di ciò che sta cercando di ottenere. Poche cose sono frustranti come il bighellonare in giro chiedendoti che cosa dovresti fare e se tutto ciò che hai fatto ti condurrà a qualcosa. Le situazioni in cui si ignora ciò che succede possono essere divertenti e parte integrale del gioco, ma questa è una cosa rara e difficile da calibrare.

2) I sotto-obbiettivi devono essere ovvi
La maggior parte delle buone avventure grafiche sono spezzettate in molti sotto-obiettivi. Lasciare che i giocatori vengano a conoscenza almeno del primo di questi sotto-obiettivi è essenziale per coinvolgerli. Se lo scopo principale è salvare il principe, e il giocatore si trova intrappolato su un'isola all'inizio del gioco, bisogna far sì che un altro personaggio della storia gli comunichi il primo passo: abbandonare l'isola. Stiamo parlando semplicemente di una buona narrazione. Ben Kenobi praticamente predisponeva quasi tutto il viaggio di Luke nei primi venti minuti di Guerre Stellari. Questo ha permesso al pubblico di seguire i progressi del protagonista. Per qualcuno che non è abituato ai frequenti scervellamenti degli adventure, questo semplice indizio può significare la differenza tra il completamento del gioco e l'abbandono dello stesso gioco dopo un'oretta. E' molto facile, quando si progetta, dimenticare ciò che il giocatore non sa della storia che stiamo raccontando.

3) Vivi ed impara
Come regola, gli adventure si dovrebbero poter giocare dall'inizio alla fine senza "morire" e senza salvare il gioco per evitarlo, questo se il giocatore è molto attento e buon osservatore. Inserire in un gioco enigmi e situazioni che richiedano la morte del giocatore (per fargli imparare cosa evitare di fare la prossima volta) è cattivo design. Questo non significa che tutte le situazioni in cui si rischi la morte debbano essere eliminate. Il pericolo è parte integrante della drammaturgia, ma il giocatore, se è intelligente, dovrebbe avere la possibilità di sopravvivere a tale pericolo.
Come esercizio, finite per intero un gioco narrativo e poi raccontatelo a qualcun altro, come se fosse una normale storia. Se trovate delle situazioni in cui il protagonista potrebbe non sapere un'informazione vitale (il personaggio che l'ha appresa è morto in una partita precedente), allora c'è un buco nel plot.

(continua...)

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